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26.11.2020

Richiesta di rientro degli affidamenti bancari: come trovare una soluzione con la banca

Quando la richiesta di rientro è illegittima e come negoziare un accordo vantaggioso per l’azienda

L’affidamento bancario, anche noto come fido bancario, è la somma che la banca mette a disposizione sul conto corrente del cliente, generalmente un’azienda; il cliente può utilizzare, senza vincoli di destinazione e fino al limite concordato, la somma concessagli dalla banca pagando, ovviamente, le relative spese ed interessi. L’affidamento in conto corrente è generalmente soggetto a revoca, nel senso che la banca si riserva il diritto di richiedere l’estinzione del debito in qualsiasi momento. Le imprese generalmente utilizzano tale somma per effettuare operazioni e pagamenti di importo superiore rispetto al saldo disponibile: il fido difatti copre l’importo non coperto dal saldo disponibile del cliente. Consente pertanto di avere elasticità di cassa nella gestione corrente.

La banca può anche decidere di autorizzare dei pagamenti di importo superiore rispetto al saldo disponibile in quel momento, generando così un utilizzo extra-fido, laddove il cliente abbia già utilizzato per intero il fido concesso. La banca deve avvisare il cliente in caso di utilizzo extra-fido superiore a 300 euro (oppure superiore di un importo pari al 5% del fido concesso dalla banca).

Il fido bancario in genere viene rivalutato ogni anno: al momento della scadenza può essere confermato, aumentato, ridimensionato oppure revocato. Se il contratto di affidamento ha un termine, la Banca può recedere prima della scadenza solo per giusta causa e rispettando il termine non inferiore a 15 giorni per la restituzione delle somme e degli interessi (art. 1845 cod. Civ.). Se invece il contratto di affidamento bancario è a tempo indeterminato la Banca può recedere in qualsiasi momento, mediante preavviso scritto nel termine stabilito dal contratto (art. 1845 cod. civ., ult. comma), in genere anche in un solo giorno.

La richiesta di rientro dell’affidamento bancario

Normalmente la richiesta ufficiale di rientro, quindi per iscritto, è preceduta da comunicazioni verbali tra il responsabile della banca e il rappresentante aziendale. Questa è una fase molto delicata ed importante: la revoca del fido può portare ad una crisi finanziaria seria se non si dispongono delle liquidità necessarie a farvi fronte e, essendo una richiesta da affrontare in pochi giorni, diventa praticamente impossibile avere il tempo di ottenere nuove linee di credito presso altri istituti.

Spesso però la richiesta di rientro attuata dalla banca è illegittima. La Corte di Cassazione, infatti, ha sancito l’illegittimità della revoca quando viene fatta con arbitrarietà ed imprevedibilità che si configurano quando c’è carenza del presupposto di correttezza e buona fede tale da porre il cliente in una imprevista ed oggettiva situazione di grave difficoltà. Si potrebbe infatti dimostrare che la banca abbia abusato del diritto di revoca laddove ad esempio ci sia una sostanziale continuità nella situazione economico-finanziaria dell’impresa finanziata (quindi nessuna revoca da parte di altre banche e un regolare andamento del fido) e laddove ci sia vitalità finanziaria dell’azienda, comprovata da un aumento di fatturato.

Come trovare una soluzione con la banca in caso di richiesta di rientro

Alle prime avvisaglie di richiesta di rientro da parte della banca è opportuno confrontarsi con esperti di ristrutturazione debitoria e negoziazione bancaria così da effettuare le varie verifiche sulle esposizioni finanziarie nonché avviare, ove possibile e se necessario, trattative con altri istituti per l’eventuale ottenimento di nuova finanza. Laddove l’azienda non disponga della liquidità necessaria all’estinzione totale del debito, si potrebbe provare ad ottenere un piano di rientro. Occorre però fare bene attenzione alle clausole e alle condizioni che la banca richieste per sottoscrivere tale accordo, in quanto la maggior parte delle volte un piano di rientro proposto dalla banca è accompagnato sottoscrizione di effetti e aumento di garanzie. La cosa da non fare è quella di accettare passivamente la proposta; occorre, invece, analizzare scrupolosamente il conto corrente alla ricerca di eventuali anomalie, quali l’applicazione di anatocismo o la presenza di commissioni illegittime, grazie alle quali innanzitutto abbassare il valore del debito, contestando alla banca la cifra richiesta e, conseguentemente, proporre un piano di rientro finanziariamente sostenibile. Difatti se nel rapporto di conto corrente vi sono delle irregolarità l’azienda potrebbe aver diritto ad un rimborso dalla banca: per la nostra esperienza due contratti su tre sono irregolari, ed è possibile ottenere fino a € 40.000 ogni € 100.000 di interessi pagati. Una perizia tecnico finanziaria, attestante delle criticità nel rapporto di affidamento in conto corrente, può essere lo strumento più idoneo per concludere una trattativa con l’Istituto o per opporsi ad un decreto ingiunto - anche provvisoriamente esecutivo - qualora vi sia l’incertezza del credito della Banca.

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